Abu Dhabi 2024. Il nostro approfondimento sulla Ferrari 2025, come promesso nell’episodio di Silverstone, inizia dalla fine della scorsa stagione. Negli Emirati Arabi Uniti Carlos Sainz, secondo, e Charles Leclerc, terzo dopo una grande rimonta, si devono arrendere al fatto che la McLaren, grazie al successo di Lando Norris, li aveva battuti aggiudicandosi il mondiale costruttori. Ma che finale, quello della Rossa: più punti di tutti dall’Olanda, prima gara dopo la pausa estiva, a Yas Marina. Ben 307, contro i 300 di Woking e, a debita distanza, i 202 della Mercedes e i 181 della Red Bull.
Che Sainz se ne sarebbe poi andato da Maranello, questo lo si sapeva da un pezzo. Al fianco di Leclerc è così arrivato nientepopodimeno di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo annunciato nel febbraio 2024, più di duecento tra podi e vittorie in Formula 1, eccetera eccetera. Ma, al di là di questo, anche fosse rimasto il madrileno l’antifona non sarebbe cambiata: le premesse di vincere, di tornare finalmente a guardare tutti dall’alto dopo quasi vent’anni, c’erano tutte. E questo perché, come detto, il finale era stato così positivo da indurre all’ottimismo anche i più pessimisti.
Era quindi necessario partire dalla fine di quella stagione. Non un’era geologica fa. E a iniziare da lì, cercare di trovare una spiegazione logica sul come mai, da un anno all’altro, e cosa ancor più grave all’ultima stagione di un ciclo regolamentare, la Ferrari si sia ritrovata a combattere con le Frecce d’Argento e i bibitari piuttosto che con Andrea Stella, Zak Brown, Norris e Oscar Piastri. L’assunto di base di questo articolo, infatti, si basa sul fatto che non sia stata la McLaren a compiere un salto quantico, quanto la Ferrari a farsi trovare impreparata… come se poi non fosse mai accaduto.
Basterebbe osservare la classifica costruttori, o semplicemente il dato statistico sui punti sciorinato nel primo paragrafo, per rendersi conto di come la McLaren abbia approfittato del buco nero lasciato dal team di Fred Vasseur, che invece è regredito a tal punto da rendere grottesche certe dichiarazioni pronunciate a inizio campionato. Si parlava di lottare per conquistare entrambi i titoli, e di delusione qualora non si fosse arrivati al traguardo prefissato. Evidentemente non se lo aspettavano nemmeno loro, ma questa è una storia che… altro che iniziare da Abu Dhabi ’24.
Bisognerebbe fare un ulteriore passo indietro. Gestione Maurizio Arrivabene, piloti Sebastian Vettel e Kimi Räikkönen, anche in questo caso non proprio gli ultimi arrivati. Nel 2015 tre vittorie, tutte a firma di Vettel. L’unica squadra ad aver messo in difficoltà le allora dominanti Silberpfeil. L’anno seguente ci si attendeva un ulteriore passo avanti, e invece zero successi. Presa la batosta, nel 2017 pochi proclami. Strategia vincente: Vettel e la sua Gina vanno che è una meraviglia, e solamente per problemi di affidabilità non si arriva a lottare fino alla fine per il colpo grosso contro Hamilton.
Quella vettura, dotata del cosiddetto “passo corto”, era velocissima sulle piste tortuose, ad alto carico aerodinamico, e a mancarle era solamente un po’ di motore, punto di forza della Mercedes che invece aveva una macchina più versatile. Problema risolto nel 2018, ma di contro, a mancare – oltre a qualche errore di Vettel, ma il parere di chi scrive è che non sarebbe comunque cambiato moltissimo – questa volta sono stati gli sviluppi, tanto è vero che a un certo punto si dovette tornare a una specifica tecnica precedente perché quella nuova non aveva dato i giusti riscontri.
Nel 2019, primo anno con Mattia Binotto al timone, a Kimi viene preferito un giovane Leclerc. L’obiettivo è il campionato, e i primi test vanno anche molto bene. A Melbourne, prima tappa, arriva la doccia fredda: i motoristi di Maranello avevano concepito un propulsore così efficiente da entrare nell’occhio del ciclone (questo condizionerà le difficili annate 2020 e 2021); di contro, meccanica e aerodinamica della SF-90 lasciavano a desiderare. E poi gli anni recenti: fragorosi alti (inizio 2022) ai quali sono susseguiti altrettanto fragorosi tonfi (l’annata 2023, la prima targata Vasseur).
Nel frattempo, sul trono della F1 si sono susseguite Mercedes, Red Bull e ora McLaren; Lewis Hamilton, Max Verstappen e ora uno tra Lando Norris e Oscar Piastri. Per la Ferrari poche gioie e tanti secondi posti, per la felicità dei vari Vettel, Räikkönen, Leclerc, Sainz e ora Hamilton. A mancare, di base, è una continuità progettuale, ma forse anche, e a questo punto il dubbio inizia a sorgere, anzi, inizia a deflagrare nelle menti di molti, le qualità. Umane e tecniche che siano. Sarà forse un caso se Vasseur abbia provato a strappare nomi di peso ai rivali (rimanendo spesso con le pive nel sacco)?
La risposta è piuttosto scontata. Ergo, a stupire è l’investimento fatto per Hamilton, quando si sa che in Ferrari i problemi sono altri, certamente non i piloti. È una questione di dove investire le risorse. Probabilmente, e non perché ora Lewis sia in difficoltà, sarebbe stato più sensato continuare con la coppia Leclerc-Sainz, magari destinando quelle risorse per integrare, rimpolpare… dite un po’ come volete, la Gestione Sportiva di Maranello. A questo proposito, non credo ci sia un problema “Italia”, ma il fatto che Ferrari sia rimasta l’unica a non avere una base in Inghilterra è comunque interessante.
Infine il progetto SF-25: quantomeno bizzarra, per dirne una, la scelta di concepire una nuova specifica di sospensione posteriore per l’anno finale di un regolamento tecnico. Morale della favola? Una vettura che per il troppo bottoming deve essere sollevata più del previsto non permettendo così di sfruttarne a pieno il potenziale. Ne è stata portata un’altra di sospensione, e qualche risultato sembra già esserci stato. Ma siamo sempre da capo a dodici: possibile non si riesca a trovare una “stabilità tecnica” tale per cui ogni anno non sembra di fare affidamento su un terno al lotto?
Vasseur è stato confermato, ma dovesse andare a vuoto nel 2026 è molto probabile che verrà sostituito. E anche sui quadri dirigenziali, per inciso, se ne potrebbe parlare a lungo. Anche se la Ferrari dovesse fare bene nella seconda metà di quest’anno, ciò non basterà per cancellare una stagione che era iniziata sotto auspici radicalmente diversi. Il discorso è sempre lo stesso: metà anno bene, l’altra metà male, l’anno prima in crescendo, l’anno dopo tutto o quasi da buttare, ecc. Urgono profonde riflessioni. Alti e bassi capitano a tutti, ma qui si sta parlando di una situazione che va avanti da troppo.
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