Sguardo al Passato | L'esordio del "tele-cambio" elettro-idraulico marchiato Ferrari

Jody Scheckter che testa il nuovo cambio.

Jody Scheckter che testa il nuovo cambio sulla T3

Nella storia dell’automobilismo uno dei marchi che ha più portato avanti lo sviluppo tecnologico delle vetture è sicuramente quello della Ferrari. Fin dalla sua creazione la casa di Maranello ha sempre dato una grandissima importanza allo sviluppo delle proprie macchine e alcune vittorie sono arrivate proprio per questa abitudine a guardare al futuro oltre che al presente. Enzo Ferrari ha sempre dato una grandissima importanza alla meccanica, soprattutto allo sviluppo di queste componenti e per far questo ha ingaggiato i miglior tecnici sulla piazza proprio per avere delle garanzie sulla riuscita di questi progetti. Con l’arrivo di John Barnard nel 1986 si è forse raggiunto il punto massimo di questa corsa allo sviluppo dato che il progettista inglese (strappato alla rivale Mclaren) era considerato come uno delle più geniali menti della Formula Uno di quel tempo. Il rapporto tra l’inglese e il patron della Ferrari si rivelò una delusione, però Barnard ha il merito di aver creduto in una soluzione tecnica che in Ferrari era stata completamente scartata negli anni precedenti.

Copertina Autosprint

L’obiettivo di Barnard in Ferrari era quello di sviluppare qualcosa di nuovo, una soluzione inedita mai vista all’interno del Circus. Per il progettista fu un invito molto esaltante e proprio per accontentare il “Drake” l’inglese si mise quasi subito al lavoro nella sua sede distaccata in Inghilterra. Barnard ha il grande merito di aver ritrovato negli archivi storici della Ferrari il brevetto di un vecchio cambio semiautomatico elettro-idraulico, azionato da due pulsanti posizionati nel volante della vettura (il discendente storico degli attuali cambi in Formula Uno). L’idea iniziale era di Enzo Ferrari e proveniva direttamente dal periodo bellico quando la Ferrari cominciò a costruire macchine utensili. Il progetto fu poi ripreso da Mauro Forghieri e successivamente venne realizzato in collaborazione con la Bendix. Barnand si mise tra le mani questo brevetto e cominciò a lavorarci su, trovando la definitiva soluzione nel 1979 con l’esordio in pista durante un test del sistema su una 312 T3. L’idea iniziale era quella si sviluppare il cambio sulla 312 per poi trasferire l’intero progetto sulla futura T4. A primo impatto il sistema si rivelò davvero interessante: solamente 2 kg più pesante rispetto a quello tradizionale meccanico il nuovo cambio diede subito ottimi riscontri, con le cambiate che risultarono più veloci e molto più soddisfacenti.

Un test sul nuovo cambio ‘aggioranato’ svolto da Alboreto

La rapidità di quel cambio fu avvertita anche dai giornalisti presenti a quel test dato che tutti eguagliarono il suono delle cambiate a quello di “una raffica di un motorino per macchina fotografica”. L’intero progetto fu però bloccato da Gilles Villeneuve: il pilota canadese non gradì il nuovo cambio definendolo poco pratico e diede una valutazione negativa a Ferrari. Questa negazione di Villeneuve portò alla bocciatura dell’intero sistema che fu temporaneamente accantonato. L’idea fu ripresa alla fine degli anni ’80: lo sviluppo tecnologico portato avanti da altri team impose alla Ferrari un ulteriore valutazione sul sistema bocciato dal canadese. I passi avanti della tecnologia e le ricerche in elettronica portate avanti negli anni precedenti permisero alla Scuderia di Maranello una messa a punto molto più ottimale del sistema. Questo cambio “modificato” fu montato nella 639, una vettura laboratorio che consentì di preparare la 640, prima vettura della storia che porterà in gara un cambio elettronico.

Schema-Cambio

Schema costruttivo del cambio

Sul piano tecnico il sistema era comandato da una centralina elettronica posta sotto il sedile del pilota, mentre il gruppo idraulico (composto da un impianto ad alta pressione) era posto direttamente sul cambio. Gli impulsi prodotti dalla centralina azionavano le elettrovalvole con tempi di reazione sull’ordine dei 5 millesimi di secondo. Il sistema era molto innovativo dato che la pressione dell’olio (con quest’ultimo che veniva controllato tramite un congegno ben visibile all’esterno grazie a una parete di vetro) veniva mantenuta da un polmone di sicurezza e da una valvola bye pass. Il cambio era di tipo tradizionale a 5 rapporti con tre aste per le forcelle azionate tramite un leveraggio. La folle restava attiva tramite il pulsante delle scalate. L’unico vero grande problema di questo impianto erano le elevate temperature che esso generava.

 

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