La nostra intervista a Mario Isola, Responsabile F1 e Car Racing

La nostra intervista esclusiva a Mario Isola

La prima domanda che le vorrei fare è relativa alla collaborazione che avete avuto con ACI per aiutare i giovani piloti italiani. La domanda è: se la Ferrari non dovesse prendere iniziativa con Giovinazzi, Pirelli potrebbe in qualche modo o aiutare a smuovere questa situazione o no?

Non confondiamo quella che è la nostra attività a supporto dei giovani con quello che potrebbe essere un intervento diretto su un pilota italiano presso un team. Pirelli è fornitore unico e come tale ha degli obblighi di equità sportiva. È naturale che abbiamo dei programmi di supporto di giovani piloti, in Italia in particolare con ACI Sport. Questo programma dura da qualche anno e riguarda sia le gare su pista che i rally. In passato abbiamo aiutato altri piloti italiani e non con un discreto successo. Dalla Pirelli Star Driver sono usciti piloti come Paddon, Tanak e Breen, che oggi corrono nel WRC. Pirelli ha questa vocazione nel dare degli strumenti a dei piloti che sono meritevoli e non hanno i mezzi finanziari, quindi dà la possibilità ai giovani di andare avanti. Tuttora esiste un premio in denaro che Pirelli consegna al vincitore della GP3 se l’anno successivo passa in Formula 2, quindi ci diamo da fare per aiutare i giovani. Non abbiamo però nessun tipo di intervento diretto su un pilota specifico; sono sempre programmi in collaborazione con le Federazioni istituiti per aiutare i piloti meritevoli. I criteri di scelta dei piloti e altri parametri vengono stabiliti dalle Federazioni.

 

Cosa ha spinto Pirelli ad abbandonare il WRC da fornitori di pneumatici?

In realtà Pirelli è ancora presente come fornitore nel WRC, che dal 2010 è tornato aperto a più fornitori, con vari programmi: forniamo il WRC Junior come monofornitori, abbiamo diversi piloti in WRC2, siamo presenti nel Campionato Europeo Rally e nel Campionato Europeo Rally Junior. Ci mancano solo le forniture di vetture WRC Plus. Abbiamo ridotto l’attività ma non l’abbiamo interrotta: attualmente abbiamo diversi piloti in altre categorie, seguiamo molti campionati e per questo serve fare delle scelte. Basti pensare che, nel mondo, Pirelli fornisce oltre 230 competizioni a quattro ruote. È chiaro che le risorse non sono infinite. In alcuni weekend, in cui i calendari si sovrappongono, abbiamo oltre 200 persone contemporaneamente in giro per il mondo che prestano assistenza ai piloti. Fornire un campionato non vuol dire solo fornire un prodotto: il nostro personale in pista dà una reale assistenza ai piloti, dando consigli su scelte e utilizzo del prodotto, dettagli tecnici e così via. Per dare un servizio completo come quello che offre Pirelli, servono persone realmente preparate.

 

Lei, in un’intervista di qualche tempo fa dichiarò che le piace la NASCAR. Pirelli punta a categorie di altri continenti come IndyCar o NASCAR, o attualmente non rientra nei vostri piani?

Noi teniamo gli occhi aperti sempre su tutto. Il motorsport è in continua evoluzione e siamo sempre attenti alle varie opportunità che si presentano. La NASCAR è una categoria che personalmente mi piace, ma le scelte aziendali sono diverse. Il mercato statunitense è molto importante ma in NASCAR oggi c’è un fornitore presente da molti anni. Non sappiamo se ci saranno opportunità in futuro, ma sicuramente terremo gli occhi aperti su altre categorie e campionati che possono essere molto interessanti ed importanti. Basti pensare che quest’anno siamo entrati nel motorsport giapponese diventando fornitori del Super Taikyu nonostante la difficoltà ad entrare in un mercato che storicamente è stato riservato ed ha privilegiato i costruttori locali.

 

Pirelli fornisce da diversi anni la SBK. Puntate anche alla MotoGP o non avete interessi verso la categoria dei prototipi?

La filosofia dell’impegno di Pirelli in Superbike è analoga a quella utilizzata per le quattro ruote con la differenza che il prodotto Superbike è omologato anche per uso stradale quindi c’è un legame diretto tra i due prodotti che rende gli studi e le analisi immediatamente utilizzabili anche per il prodotto stradale.

 

Quanto è importante la fornitura di categorie GT nell’ottica dello sviluppo di pneumatici da F1 e stradali?

Il motorsport è fondamentalmente un laboratorio a cielo aperto dove si imparano tante cose ad ogni weekend. Impariamo a tutti i livelli, anche dalla Formula 1 nonostante il prodotto sia molto diverso da quello stradale. È ovvio che se parliamo di GT, il legame con il prodotto stradale è molto più stretto. Ci sono delle aree di conoscenza che si sviluppano grazie alle forniture motorsport: testiamo nuovi materiali, nuovi processi produttivi, nuovi sistemi di controllo qualità, nuovi modelli virtuali di pneumatici.

I nostri tecnici lavorano per sviluppare prodotti sempre migliori.

Abbiamo sviluppato nuovi sistemi di test indoor durante le quali replichiamo lo stress di una gomma in pista e questo ci ha permesso di raggiungere standard di sicurezza altissimi in pista. Ovviamente, questo fa sì che possiamo avere un livello di sicurezza più che adeguato a livello stradale.

 

Per quanto riguarda gli pneumatici da 18 pollici del 2021, quali saranno i pro e i contro rispetto alle gomme attuali? Nell’ottica del trasferimento delle tecnologie dalla pista alla strada, quanto questi pneumatici potranno essere utili?

Il pneumatico da 18 pollici ha dimensioni molto più vicine alle vetture stradali. Le supercar hanno addirittura pneumatici di diametro più ampio. Questa nuova misura di pneumatici sarà introdotta nel 2021. Noi abbiamo presentato domanda al tender per la fornitura di pneumatici dal 2020 al 2023 che è ancora in corso. Nel 2014 abbiamo sviluppato un pneumatico da 18”, utilizzato poi per alcuni test a Silverstone con una Lotus da Formula 1. È una tecnologia che conosciamo, che sappiamo sviluppare e che eventualmente ci permetterà di fare un confronto più vicino con un prodotto stradale. Come ho detto, se c’è la voglia, si impara sempre da tutto. È chiaro che come tipologia di architettura del prodotto finale ci avviciniamo molto a quello che è un prodotto stradale. Ovviamente con caratteristiche molto diverse: gli pneumatici da Formula 1 lavorano con temperature che possono arrivare intorno ai 100/120°C; in strada non si raggiungono queste temperature.

 

Cosa ne pensa della scelta della Federazione di continuare a mantenere il fornitore unico di pneumatici in Formula 1?

È una scelta dettata sicuramente dalla volontà di controllare i costi. Sappiamo bene che un regime di competizione aperta tra fornitori di pneumatici significa avere molti più test, molto più sviluppo durante l’anno e quindi un aggravio di costi non solo per i fornitori ma anche per i team. 
In passato, quando esisteva la competizione tra gommisti, c’erano squadre che avevano una seconda squadra dedicata solo ai test e allo sviluppo pneumatici. Se vogliamo mantenere i costi ridotti almeno per questo componente, la monofornitura è sicuramente la strada giusta da seguire.

Per noi è una situazione diversa: in campionati dove la competizione riguarda anche i fornitori, si punta solo alla performance come driver di sviluppo dei pneumatici. Se parliamo di monofornitura, non si ha più la necessità di arrivare esclusivamente a performance estreme.

 

La mescola Orange superhard non è mai stata utilizzata nel 2018 e non verrà utilizzata fino alla fine, la Ice Blue hard è stata utilizzata solo a Silverstone. Queste mescole saranno eliminate o verranno conservate nell’eventualità in cui si decida di ammorbidire le mescole più dure per poterle utilizzare di più?

Nel 2019 ci sarà un numero inferiore di mescole omologate. Quest’anno avevamo deciso di omologarne un certo numero per avere la libertà e la flessibilità durante la stagione di poter saltare una mescola. Questo è dettato anche dal regolamento: se le mescole vengono omologate entro il 31 dicembre dell’anno precedente poi possono essere usate durante la stagione, se vogliamo poi introdurre qualcosa durante l’anno abbiamo bisogno dell’unanimità dei team. La scelta di omologare molte mescole era stata fatta per avere molte possibilità.

Ora stiamo sviluppando gli pneumatici per il 2019, che avranno comunque caratteristiche diverse, e stiamo sviluppando nuove mescole. Avevamo detto fin da subito che la Orange e cioè la mescola superhard sarebbe stata una mescola di backup e volevamo omologarla per averla disponibile nel caso in cui avessimo sottovalutato il grado di sviluppo e di performance delle vetture durante l’anno. 
Però abbiamo fatto i conti bene e la superhard non si vedrà durante questa stagione.

Sappiamo che il ‘cuore’ della nostra gamma va dal P Zero White medium al Pink hypersoft e per l’anno prossimo stiamo lavorando su questo range, riducendo il numero di mescole e utilizzandole in maniera più costante rispetto ad oggi. Attualmente abbiamo soft, supersoft e ultrasoft che sono molto vicine quindi dobbiamo differenziarle di più rispetto alle mescole che sono attualmente in gamma.

 

Perchè nell’ultimo Gran Premio le Yellow soft si sono rivelate le mescole più performanti dall’inizio alla fine dello stint. Questo da cosa è dipeso? Dalla similitudine delle mescole o da altri fattori?

Sulla performance pura, e si è visto nelle FP2, tra hypersoft e soft il gap è stato di oltre due secondi a giro. Avevamo stimato che tra ultrasoft e soft ci fosse un secondo e mezzo di gap, ma in realtà era circa un secondo, e avevamo stimato il gap tra ultrasoft e hypersoft in circa un secondo e sei decimi, e ci avevamo visto giusto. 
In gara, succede che i team gestiscono il passo gara per cercare di ridurre il numero di pit stop perchè fare un pit stop in più costa più di 20 secondi in termini di tempo. Questi sono secondi che poi vanno ripresi in pista e non è facile perchè magari si trova traffico, è difficile superare, quando una macchina precede si perde carico aerodinamico e tutti questi fattori fanno in modo che le squadre lavorino per cercare di ridurre il numero di soste. I team da regolamento devono fare almeno una sosta e si è visto durante l’anno che tutti hanno puntato a fare una sosta sola. 
È vero che in gara la hypersoft girava più o meno come la Soft, ma eravamo in fase di gestione. Il vero potenziale della hypersoft era di gran lunga superiore e lo si è visto quando, in gara, i piloti avevano necessità di fare un giro più veloce per i motivi più disparati. 
Abbiamo visto anche due o tre secondi di differenza su alcuni giri perchè in quel momento il pilota aveva la reale necessità di spingere di più. 
Va anche considerato che ci sono molte altre cose da gestire nel pacchetto, dai freni alla power unit al carburante, che non dobbiamo dimenticarci che è limitato. Inoltre il Gran Premio di Singapore è una delle gare più lunghe in cui ovviamente si deve gestire il carico di benzina per arrivare in fondo. L’insieme di tutti questi fattori ha fatto sì che il passo gara su hypersoft fosse gestito anche per via del degrado abbastanza elevato del pneumatico. 
È stato quindi necessario gestire la hypersoft mentre si poteva spingere con la Soft che non aveva problemi di degrado.

 

Cosa ne pensa della proposta di portare a due i pit stop obbligatori per evitare di vedere queste situazioni di gestione così rigida?

Noi saremmo sicuramente favorevoli ad una soluzione di questo tipo. Si potrebbero avere stint più corti dovuti all’obbligo della sosta ma durante questi stint si potrebbe spingere di più.

 

In questa stagione hanno fatto tanto discutere le gomme a battistrada ridotto. Ci sono possibilità di rivederle anche nel 2019?

Nel 2019 avremo delle gomme totalmente nuove in termini di costruzione e mescole: le caratteristiche dei nuovi prodotti saranno validate al termine dei nostri test. Il battistrada ridotto di 0,4 mm è stato introdotto per gestire un problema di blister verificatosi durante i test pre-stagione a Barcellona e non limitato a una sola vettura. Al termine delle due settimane di test pre-stagione abbiamo studiato a fondo il problema, e al termine delle analisi abbiamo capito che uno dei motivi era sicuramente legato ai nuovi asfalti che avremmo incontrato in tre gare quest’anno: Barcellona, Paul Ricard e Silverstone. Questo è il motivo per cui abbiamo utilizzato le fasce di battistrada ridotto solo in questi tre appuntamenti. Questi nuovi asfalti hanno tanto grip, quindi si genera tanto calore all’interno della mescola, ma poca usura perchè sono molto lisci. Alla fine, dal punto di vista tecnico, la soluzione ha funzionato bene.
Dove abbiamo mantenuto la fascia di battistrada standard proprio perchè non c’erano nuovi asfalti e non c’era un problema così diffuso tra tutti i team, il blister si è verificato in alcuni casi, come in Austria e a Monza. È un fenomeno che c’è e possiamo reagire solo se crea problemi a tutte le squadre e non solo se affligge una parte dei concorrenti, sennò andremmo a cambiare un pò gli equilibri in campo ed è una cosa che non vogliamo assolutamente fare. In pista deve vincere il migliore.

 

Che ne pensa rispetto all’introduzione di una mescola esclusivamente da qualifica di cui si è parlato un po’ di tempo fa?

Sarebbe una direzione interessante in cui andare, ma va studiata bene e vanno studiati tutti i risvolti che può avere. Vorrebbe dire separare la qualifica dalla gara: oggi sappiamo che con le gomme che ogni pilota ha disponibili al termine della qualifica, deve poi affrontare la gara. Se pensiamo ad una mescola dedicata alla qualifica, avremo dei set specifici. È una strada che si può percorrere e va studiata e analizzata. È importante che le cose vengano fatte bene perchè molto spesso uno pensa a delle soluzioni che all’inizio sembrano risolvere tutti i problemi e poi, studiando le cose più in profondità, ci si accorge che ci sono delle controindicazioni o che si possono verificare delle situazioni ancora peggiori rispetto a quelle attuali. Se c’è la voglia di seguire questa strada, per noi va bene. Eventualmente la analizzeremo assieme ai team, che hanno degli ingegneri specializzati sulla strategia che ci possono fornire idee e simulazioni su quello che può succedere, e poi se vediamo che è una cosa positiva per lo sport siamo contenti. Come monofornitori ci interessa che la Formula 1 abbia successo, che aumenti il numero di spettatori, che sia divertente e che generi gare belle da guardare per tutti.

 

In seguito ad una nostra analisi di qualche tempo fa relativa al Gran Premio della Malesia, abbiamo analizzato le strategie di gara ed è emerso che tutti i team hanno diminuito il numero di soste fino ad arrivare ad affrontare l’intera gara con un solo pit stop, che il minimo previsto da regolamento.Cosa è cambiato per stravolgere così la strategia di gara?

In Malesia il motivo era stato anche che il circuito era stato riasfaltato quindi il circuito era molto meno severo con le coperture di quanto non lo fosse stato negli anni precedenti. In generale, è vero che abbiamo visto diminuire il numero di soste. Nel 2011 e nel 2012 avevamo portato delle gomme concepite con un livello di degrado elevato e mediamente c’erano due o tre soste. Addirittura in un Gran Premio di Spagna abbiamo visto strategie a quattro soste. Fare tre o quattro soste, porta le gare ad essere confuse: non ci sono più i sorpassi. Ci sono sorpassi ai box fatti mentre i piloti si fermano per la sosta. Quindi non è nemmeno ideale esagerare con le soste.

Nel complesso, sono cambiate molte cose. Le monoposto diverse, con i piloti che devono gestire. Si ha meno carburante e poche power unit, quindi i piloti non possono più sfruttarle come si faceva prima per evitare di incorrere in penalità dovute all’utilizzo di power unit in sovrannumero. Ci sono molti fattori che sono cambiati. I team devono studiare la strategia più veloce, che consente di terminare la gara nel minor tempo. Hanno visto che rispetto al 2011, quando conveniva fare degli stint più brevi in cui si spingeva molto e non era un problema degradare la gomma perchè poi si effettuava la sosta e si recuperava il tempo con la gomma fresca, nel 2018 è meglio gestire la gara e fare uno stop in meno perchè è più proficuo in termini di tempo totale di gara.

 

Nelle gare rimanenti della stagione, vista anche la scelta della Ferrari di puntare su una strategia aggressiva per quanto riguarda la selezione dei set, quanto conterà  la gestione della gomma nell’assegnazione del titolo?

Domenica andremo in Russia con il P Zero Pink hypersoft per la prima volta. Poi la prossima gara sarà in Giappone e ci sono ancora altre piste con caratteristiche diverse, dove la gestione della gomma diventerà una parte fondamentale per l’assegnazione del titolo. La gestione è stata importante per le prime quindici gare e lo sarà per le prossime sei. Sulle scelte dei set fatte dai piloti, non dimentichiamo che una parte dei set (6 su 13) vengono restituiti al termine delle prove libere. In generale tutte le squadre arrivano ad affrontare la gara più o meno con gli stessi set disponibili, ma è il regolamento che porta a questa situazione perchè è obbligatorio avere un certo numero di set per la qualifica. Quello che cambia è la preparazione: con una scelta di set differente, i team faranno prove diverse e avranno dei dati diversi.

 

Se la Federazione decidesse di eliminare le mescole obbligatorie e quindi decidesse di non forzare i piloti ad utilizzare determinati set di gomme, la Pirelli sarebbe favorevole e potrebbe affrontare questa sfida?

Non c’è nulla per cui dovremmo essere contrari ad una situazione del genere. Quello che farei, se si dovesse decidere di intraprendere questa strada, sarebbe di chiedere alle squadre di fare delle simulazioni, raccogliere i dati e vedere se tutti convergerebbero verso la stessa scelta. Se vogliamo creare delle variabili, è necessario che siano già i team a fare scelte diverse già a livello strategico. Il rischio, quando si cambia il regolamento, è che si porti le squadre a fare la stessa scelta andando verso una situazione che potrebbe essere noiosa. Una cosa utile da fare quando si cambia il regolamento, è di parlare con le squadre e chiedere a loro di fare una simulazione senza che si parlino tra di loro. La Federazione potrebbe poi raccogliere le simulazioni, valutarle, capire che impatto può avere il cambiamento sulla gara e decidere se la modifica è buona o no.

Immagine in evidenza: ©

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