Non dev’essere facile. Si parla pur sempre di sport, ok, ma quando si lotta per un sogno e poi quel sogno evapora le sensazioni sono tante, mescolate, il caos irrompe sulla scena e non sai più che pesci pigliare. Liam Lawson ce l’aveva fatta. Aveva lavorato per questo, un sedile nella squadra, con la Mercedes, più vincente dell’era moderna della Formula 1: la Red Bull, con cui Lawson è legato dal 2019 in quanto membro della academy. Sono bastate due gare, però, per vedere quell’obiettivo, raggiunto, svanire in un mare di nebbia.
Retrocesso in Racing Bulls ha dovuto, pezzo dopo pezzo, raccogliere i cocci di quel vaso rotto. E li sta ancora raccogliendo. Dipinto, nel giro di qualche settimana, da grande promessa a pilota di scarto. Il mondo, tutto, va veloce. Troppo. E allora qualcuno dovrà pure pensare di rallentarlo. Lo stesso 23enne neozelandese, d’altronde, ci era cascato. Dalla fine dello scorso anno non si era certamente distinto per simpatia; le sue dichiarazioni, nei confronti di (non a caso) Sergio Pérez e Yuki Tsunoda, ne sono la testimonianza.
E quindi Liam l’ha preso forte, il colpo. Però, ha deciso di voler imparare qualcosa. E di lottare per il suo posto, ora più che mai in grande pericolo. Il tritacarne, in questo caso tritapiloti, Red Bull non fa sconti. Il nome di Arvid Lindblad è quanto mai ingombrante. Difficile non vederlo sulla griglia nel 2026. Ma in Austria, Lawson ha ricordato perché era stata lui la scelta di Christian Horner e Helmut Marko. Grande qualifica, grandissima gara. Settantuno, anzi 70, anzi 69 giri (perché doppiato) con Fernando Alonso attaccato al posteriore… ecco, basterebbe questo.
E invece nessun errore, con lo spagnolo che non ha avuto neanche una possibilità di sorpassare. Tre ritiri, quello di Max Verstappen causato da Andrea Kimi Antonelli, a cui si è aggiunto il kappaò di Alexander Albon per problemi tecnici, lo hanno aiutato, ma come si dice la fortuna ogni tanto va anche meritata. Quante volte, magari, siamo stati fortunati, abbiamo ricevuto qualcosa di grande, e non ce ne siamo accorti, o ancora, non siamo stati capaci di metterlo a frutto perché, magari, sommersi da un’accecante negatività?
Il vittimismo cronico, l'”autoaffossamento” in cui, purtroppo, tutti noi a volte cadiamo, Lawson ha deciso di metterlo da parte. Si è dato da fare e ha messo in luce il suo talento. Che poco non è. Ed è terminato sesto. Un “kiwi” non finiva così in alto da quasi 50 anni, Chris Amon, quinto a Jarama 1976. Basta veramente una bocciatura, un errore per marchiare a fuoco il passato, il presente e l’avvenire di una persona? Il cinismo dilagante dei giorni nostri ci direbbe di sì, la consapevolezza di essere persone dovrebbe suggerirci un’altra risposta.
Iscriviti al nostro Canale Telegram per ricevere tutti i nostri articoli sul tuo smartphone
Lascia un commento! on "Cool down lap | Spielberg 2025"