I tori davanti, e dietro tutti quanti

L'ingrediente "segreto" di una Red Bull che non vuole più fermarsi

Parafrasando la celebre canzoncina che i meccanici di Sebastian Vettel avevano cantato in occasione della vittoria del tedesco dopo il Gran Premio del Bahrein del 2017 (“Gina davanti, e dietro tutti quanti!“), è tempo di indagare le ragioni per cui questi tori (per chi non l’avesse capito parliamo della Red Bull) siano così forti nella corrida più famosa del mondo.

L’ingrediente di cui vi parlerò è la stabilità. Nella scuderia austro-inglese, le teste più importanti non sono mai cambiate. Christian Horner è in carica dal gennaio 2005 (data di nascita della Red Bull dopo l’acquisizione della Jaguar da parte del compianto Dietrich Mateschitz), Adrian Newey dal novembre dello stesso anno (iniziò a lavorare nel febbraio 2006), il dottor Helmut Marko era alla ricerca di talenti da prima degli anni duemila, quando la squadra Red Bull si chiamava Stewart Grand Prix.

Formula One World Championship: Christian Horner Red Bull
Christian Horner, 2005 ©Motorsport Images 

Quello che deve far riflettere è che non sono mancati momenti difficili. È vero, prima di iniziare a vincere ci hanno messo relativamente poco (Gran Premio di Cina 2009, Sebastian Vettel), inanellando un filotto di otto titoli (quattro piloti e altrettanti costruttori) su otto tra il 2010 e il 2013, con lo stesso Vettel protagonista assoluto, e però, successivamente, le stagioni di magra non sono mancate: schiacciati dall’egemonia della Mercedes nel 2014, dove malgrado vengono conquistate tre vittorie con Daniel Ricciardo, nel 2015 non arrivano successi, solo tre podi e il quarto posto nel mondiale costruttori, ad anni luce dalle sempre irraggiungibili Frecce d’Argento, lontane da una nuova Ferrari e dietro alle Williams di Bottas e Massa.

Helmut Marko: dalla vittoria alla 24 Ore di Le Mans all'incontro con  Mateschitz
Il dottor Helmut Marko ©Red Bull

Complici le recenti difficoltà, il proprietario Dietrich Mateschitz pensa addirittura di ritirarsi dalla Formula Uno, un’idea che come sappiamo non prenderà forma, ma non pensa nemmeno per un attimo di tagliare quelle tre teste. Quella della Red Bull, lo sappiamo, è una grande famiglia, e le vere famiglie non si separano. A campionato ormai tramontato, queste dichiarazioni di Christian Horner valgono più di ogni mio commento:

“A essere onesti questo è stato un anno difficile per noi, ma le avversità, a volte, avvicinano le persone, e in questo caso il team. Sento che la squadra è ora più vicina e unita che mai. Quindi, dal punto di vista del team, penso che il 2015 sia stato un buon anno per noi”.

Insomma, avanti per la stessa strada, più uniti di prima. Il quinquennio che va dal 2016 al 2020 regalerà quattordici sorrisi, se per un sorriso intendiamo una vittoria, alla scuderia di Milton Keynes, ma la vittoria finale è ancora lontana, e in tre annate su cinque la Ferrari (oltre, ça va sans dire, alla Mercedes) si dimostra superiore. Malgrado ciò, la via della continuità non viene smarrita.

Chiacchiere da Bar…bieri – Adrian Newey era a un passo da Ferrari!
Adrian Newey ©Red Bull

La stagione 2021 non sarebbe dovuta essere poi tanto diversa da quella 2020. Si era deciso, infatti, a seguito dello scoppio della pandemia da COVID-19, di posticipare i nuovi regolamenti al 2022, preservando quelli ancora in vigore seppur con qualche piccola (ma rivelatasi poi estrememente impattante) modifica tecnica. Quella che “risalterà più all’occhio” (DAS Mercedes bandito a parte) è legata senza dubbio al fondo: infatti, quelli del 2021 avranno come novità un taglio diagonale che, in soldoni, va a ridurre quello che è il carico aerodinamico totale della vettura (carico che è stato poi recuperato nel corso del campionato [n.d.r.]). Al termine di una battaglia al cardiopalma, non senza gli strascichi che conosciamo, Max Verstappen riuscirà a imporsi su Lewis Hamilton, riportando il titolo piloti (quello costruttori se lo accaparrerà, per l’ottava volta su otto dal 2014, la Mercedes) a Milton Keynes dopo otto lunghe stagioni, e iniziando quello che è un dominio sportivo, tecnico e politico attualmente al suo massimo splendore, con uno sguardo già orientato al 2026, dove le schermaglie sono appena cominciate.

La stabilità. Quella che manca alla Ferrari, per esempio. Pensate che dal 2005 (data di nascita della Red Bull) a oggi, nella scuderia di Maranello hanno attraversato i cancelli della Gestione Sportiva tre presidenti e una quindicina tra DS (Direttore Sportivo) DT (Direttore Tecnico) e TM (Team Manager), e dimentico gli AD (Amministratore Delegato). È certamente vero che la natura (in termini di ambiente, metodologie di lavoro e “prestigio”) della Ferrari non ha niente a che vedere con quella di una squadra come la Red Bull, ma per provare a inseguire un titolo iridato che manca da quindici anni sarebbe opportuno provare a non “far girare di continuo la roulette“, con la speranza, per chi vuole il bene della rossa, che l’uomo (gli uomini) giusti siano già arrivati, o quantomeno stiano per arrivare. Ma questo è tutto un altro discorso, o meglio, sarebbe un altro articolo.

Immagine in evidenza: ©Oracle Red Bull Racing Twitter Page

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Autore

Davide Attanasio
Ragazzo di venti anni che prova a scrivere di macchine, che girando a velocità folli per tutto il mondo fanno battere il cuore e vibrare l'anima

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