Undercut: Ferrari e le gare di difficile comprensione

La Rossa torna da Città del Messico con un secondo ed un quarto posto, risultato non ottimale e non soddisfacente viste le posizioni di partenza dei due piloti Ferrari

La gara di Città del Messico è da sempre una gara molto complessa per le monoposto e per i piloti. Correre a oltre 2.000 m di altezza, è come correre con una vettura completamente nuova e mai vista. Questo perchè la rarefazione dell’aria rende complessa la gestione di ogni cosa, dall’aerodinamica al raffreddamento alla gestione delle performance. 

L’aria meno ‘pressurizzata’ fa letteralmente scaricare le ali, che subiscono meno spinta verticale mentre la monoposto avanza. Il tutto si traduce in un bassissimo carico aerodinamico, che rende queste monoposto estreme molto difficili da guidare. 

Il secondo aspetto, quello del raffreddamento, è stato ‘sentito’ in più di un team radio, con gli ingegneri che più volte hanno detto ai loro piloti di avere “temperature critiche” su diversi componenti. 

E infine, la performance. Aspirazione, intercooler e qualunque altra cosa possa essere influenzata da un flusso d’aria, va in sofferenza. Basti pensare che se il tracciato Hermanos Rodrigues fosse sul livello del mare, il tempo sul giro potrebbe ridursi di oltre mezzo secondo, tutto guadagnato tra carico aerodinamico e maggiore performance. 

Queste condizioni mettono in netto vantaggio la Red Bull, monoposto in grado di generare carico in ogni situazione, anche in un tracciato dove quello che serve per generare carico (e cioè l’aria) quasi non c’è. Questo spiega le prestazioni mostruose di Verstappen in gara, in grado di mantenere un passo infernale per 66 tornate su pneumatici Hard. 

A questo punto arriviamo alla questione gomme, che è stata arbitro (forse involontario) della gara messicana.
Per capire quanto le gomme siano state incomprensibili, basti pensare che Verstappen ha fatto il suo crono al giro 65, con pneumatici ‘vecchi’ di 60 giri. Allo stesso modo, Hamilton ha effettuato due tornate fotocopia (crono identico al millesimo) nei giri 66 e 67 con pneumatici 43 giri prima. Leggermente diverso il discorso per Vettel, che ha effettuato la sua migliore tornata al giro 68 ma con pneumatici molto più freschi. 

Eppure, secondo Pirelli, la one-stop strategy sarebbe dovuta essere la più lenta e la meno utilizzata. Addirittura, Pirelli aveva considerato una possibile strategia a tre soste, valutandola come la “più vicina alla strategia più veloce”. E invece, tutto è stato ribaltato dalla pista. La strategia migliore si è rivelata quella ad una sola sosta mentre, che ha optato per la strategia a due soste (considerata la più veloce da Pirelli) ha perso parecchio tempo. Basta considerare i primi cinque classificati. Hamilton, Vettel e Bottas sono andati su una sola sosta. Leclerc ed Albon sono andati su due soste. 

L’infografica di Pirelli che illustra le possibili strategie. In alto quella considerata più veloce, in basso quella considerata più lenta, ©Pirelli

La scelta di seguire quasi alla lettera le indicazioni della Pirelli, quindi, non ha pagato. Questo perchè qualche mente seduta al muretto grigio, forse è stata più lungimirante di qualche mente seduta al muretto rosso. Non è un mistero che Shovlin (capo degli ingegneri Mercedes) e Vowles (capo delle strategie Mercedes) siano in grado di tirare fuori un coniglio dal cilindro quando la situazione è difficile. Così come non è un mistero che Clear (capo ingegneri Ferrari) e Rueda (capo delle strategie Ferrari) non abbiano le stesse capacità dei loro omologhi. 

Per la Ferrari rimane comunque pesante come un macigno la scelta degli pneumatici con tre mesi di anticipo. Quando sono state scelte le gomme per il Gran Premio del Messico, la Ferrari stava ancora cercando di elaborare la ‘scoppola’ di Silverstone, quindi è presumibile pensare che abbia portato una sola gomma bianca giusto perchè il regolamento lo impone.
Tuttavia non è da dimenticare una cosa: nel 2017 la Pirelli aveva scelto per il Gran Premio del Messico le mescole più soffici disponibili in gamma (UltraSoft, SuperSoft e Soft), e la stessa scelta era stata fatta nel nel 2018 (HyperSoft, UltraSoft e SuperSoft).
Quest’anno, invece, la scelta più morbida era la C2 che, stando a quanto dice la casa milanese “equivale alla Medium del 2018”. 

Questo ha messo i team in difficoltà, rendendo di fatto quasi inutili i dati degli anni passati. A questo punto, il lavoro del venerdì è stato importante, ma temperature e condizioni della pista erano molto diverse. 

Qui entra in gioco il genio. La Mercedes aveva provato la gomma Hard al venerdì, ha saputo ‘traslare’ i dati dalla condizione delle FP a quella della gara, e ha rischiato e vinto. 

E quando la Ferrari ha cercato di coprirsi per evitare l’undercut da parte di Hamilton, Vettel (che attualmente sembra essere il miglior stratega Ferrari) ha deciso di rimanere in pista per cercare di sfruttare gli pneumatici più nuovi sul finale. Questo senza sapere i valori di degrado della gomma più dura. Un rischio che, conoscendo la gomma bianca, sarebbe stato inutile. O magari avrebbe portato i tecnici Ferrari ad optare per una diversa strategia. 

Il dato di fatto è che la Ferrari, su tracciati che non riservano sorprese, riesce a vincere grazie a due piloti superlativi e ad una monoposto veloce. Sui tracciati in cui si ha a che fare con la presenza di alcune incognite impazzite, la Ferrari non riesce a tirare fuori il genio che ha contraddistinto il miglior periodo della storia della Rossa in Formula 1. Perchè i computer forniscono i dati, ma le menti li devono interpretare al meglio. 

Immagine in evidenza: ©Foto Studio Colombo per Ferrari Media

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2 Comments on "Undercut: Ferrari e le gare di difficile comprensione"

  1. Antonio Gasparri | 29/10/2019 at 20:35 | Rispondi

    Gli strateghi Ferrari potrebbero andare a vendere le noccioline

  2. Antonio Gasparri | 29/10/2019 at 20:37 | Rispondi

    Perdere una gara partendo primi e secondi senza essere mai sorpassati in pista è stato veramente geniale.Dilettanti allo sbaraglio

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