La FIA diminuisce gli elementi, alzando però i costi…

Dopo l’ultima modifica regolamentare relativa all’utilizzo dell’olio durante la combustione della benzina, utile per aumentare la potenza dello scoppio e quindi del motore, la FIA ha determinato il numero massimo di componenti utilizzabili da ogni pilota.

Con il numero di power unit ridotto a tre, i piloti dovranno utilizzare ogni power unit per almeno sei o sette gran premi e cioè l’equivalente di circa 7mila chilometri.

A conti fatti, è quasi la durata che deve avere un motore di una vettura impegnata nella 24 Ore di Le Mans.
Il tutto, abbinato ad un limite di due elementi relativamente a MGU-K (il propulsore elettrico che recupera in frenata l’energia cinetica e la mette a disposizione della power unit per accrescere la potenza totale), pacco batterie e centralina elettronica.

Secondo la FIA, la riduzione dei componenti dovrebbe essere utile a ridurre i costi ma, diminuendo i componenti a disposizione dei piloti, si avrà l’effetto contrario. Questo perchè i nuovi motori dovranno essere sviluppati sia progettualmente che sul banco.

Allo stato attuale delle cose, l’unico motorista in grado di poter essere soddisfatto di questa decisione della Federazione, è la Mercedes: a Brixworth infatti, i tecnici sono riusciti a far raggiungere al motore termico un’efficienza vicina al 50%. Grazie all’elevata efficienza del propulsore termico, tenendo uguali per tutti i livelli di potenza della componente elettrica della power unit, si può ridurre l’impegno dell’ICE. Questo si traduce inevitabilmente in maggiore affidabilità e, con il numero di power unit molto ridotto, potrebbe essere la chiave di volta per affrontare il campionato senza alcuna penalità.

Questo si è già visto in questa stagione soprattutto con la Honda che, con le sue power unit spinte al massimo per sopperire alla mancanza di potenza, ha dovuto sacrificare l’affidabilità Il tutto si è tradotto in una ridicolizzazione di un team storicamente vincente e prestigioso come la McLaren.
Anche la Renault ha patito la mancanza di potenza della sua power unit, con dei guasti che si sono ripetutamente presentati nella parte iniziale della stagione. Tuttavia, a differenza dei tecnici giapponesi, gli uomini di Abiteboul sono riusciti ad arginare e risolvere i problemi, e questo è evidente con le prestazioni molto convincenti che le Red Bull stanno facendo vedere negli ultimi tempi.

Anche la Ferrari, purtroppo, ha patito dei problemi di affidabilità nonostante le ottime prestazioni che la SF70-H ha fatto vedere già dal GP di Melbourne. A cedere non sono state le componenti prodotte direttamente a Maranello, questo è vero, ma comunque qualcosa andava rivista. Il primo innesto reputato necessario da Sergio Marchionne è stata Maria Mendoza, che dirigerà i controlli qualità sui componenti prodotti dai partner della Rossa.

La complicazione prevista per il 2018, precederà la semplificazione che arriverà nel 2021, quando verrà eliminata la MGU-H (il propulsore elettrico che recupera energia dalla turbina per poi rimetterla a disposizione della power unit per accrescere la potenza totale) e verrà sostituita con una seconda turbina. Questo ‘arretramento tecnologico’, andrebbe a svantaggio sicuramente della Mercedes, che sta spadroneggiando in questa epoca turbo-ibrida.
Il ritorno a sistemi più semplici è l’unico modo possibile per ridurre i costi ed aumentare il numero dei motoristi e dei costruttori interessati alla Formula 1.

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