Honda: raggiunta la luce in fondo al tunnel

Dalle travagliate stagioni della McLaren-Honda alla vittoria in Austria: oltre tre anni di duro lavoro di Honda per tornare al successo

La rievocazione di ricordi dei tempi andati forse non ha portato benissimo alla Honda, chiamata a gestire la pressione di un rientro in Formula 1 davvero difficile e travagliato. Dopo oltre 1.000 posizioni di penalità in griglia di partenza dovute ai problemi di affidabilità, la Honda sembra finalmente riuscita a costruire una power unit che riesca a combinare potenza ed affidabilità.

Dalla diversa modalità di lavoro con la Red Bull, alla possibilità di avere due team in pista, la Honda è pian piano cresciuta fino ad ottenere lo splendido risultato di Spielberg.
Questo perchè, all’inizio di questa esperienza, i tecnici nipponici hanno forse sottovalutato la discrepanza di lavoro tra il banco e la pista, con le power unit che cedevano con facilità estrema.

La prima testa a cadere è stata quella di Yasuhisa Arai, uomo di punta dell’ambizioso ritorno di Honda in Formula 1. Era novembre 2015, e la prima stagione in Formula 1 della McLaren-Honda era appena terminata.

Proprio sotto al gestione di Arai si verificò uno degli episodi che maggiormente caratterizzarono l’avventura con McLaren: il “GP2 Engine!” gridato via radio da un frustrato Alonso in lotta con una Toro Rosso. Il bilancio del 2015 fu letteralmente devastante: 33 parti di power unit sostituite oltre il limite massimo di utilizzo per un totale di oltre 300 posizioni di penalità in griglia. 

Al posto di Arai è subentrato Yusuke Hasegawa, uomo che ha guidato la Honda in Formula 1 per due anni, facendo anche vedere uno spiraglio di luce nel 2016. Proprio nel 2016, infatti, la Honda sembrò competitiva, riuscendo a conquistare il quinto posto in gara con Alonso per ben due volte.
Tuttavia, l’affidabilità si confermò il tallone d’Achille di una monoposto nel complesso discreta: 140 posizioni di penalità in griglia durante l’intera stagione.

Anche il 2017 fu un anno buio per la Honda, che ottenne come miglior risultato un sesto posto con Alonso in Ungheria.
La stagione 2017, così come le precedenti, raccontò una storia tristissima, e cioè la storia di un divorzio durissimo arrivato a stagione in corso, e quasi 300 posizioni di penalità in griglia per i piloti McLaren-Honda.

Dopo il divorzio con McLaren, la Honda avviò il suo processo di ristrutturazione interna dividendo la posizione di Hasegawa in due diverse posizioni: direzione interna affidata ad Asaki e direzione in pista affidata a Tanabe. 

A giovare alla Honda, anche il cambio di team: la mancanza di pressione di un team come McLaren ha fatto in modo che Honda potesse lavorare al meglio nel 2018 con Toro Rosso, preparando al meglio il matrimonio con Red Bull.

Non solo l’ambiente più disteso, ma anche un diverso modo di lavorare, hanno messo la Honda in condizione di migliorare il proprio prodotto.
Lo sviluppo in parallelo di telaio e power unit, ha permesso al motorista nipponico di risolvere tutti i problemi legati ad ingombri, temperature e, più largamente, interazione tra telaio e power unit. Nel 2017, infatti, il lavoro a compartimenti stagni tra McLaren e Honda, ha fatto in modo che le monoposto di Woking non potessero beneficiare della terza specifica portata in pista dai giapponesi

Il calvario di Honda negli anni di collaborazione con McLaren, è stato dunque utile a preparare il motorista giapponese per lavorare con i top team come Red Bull. La vittoria di Spielberg ha fatto in modo che la Honda ‘si levasse un peso’ e l’ha resa pronta per lottare con i top team senza le pressioni interne e dei media. 

Le lacrime di Tanabe sul podio austriaco, sono l’essenza di quanto crudele, ma bello possa essere il motorsport. 

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