Green Flag – Questo è il Gran Premio di Macao. Basta discutere!

Puntuale come Una poltrona per due trasmesso nel periodo natalizio anche quest’anno è arrivato il Gran Premio di Macao e ad esso connesso le varie polemiche, speculazioni e opinioni dei “grandi maestri del motorsport”, che come ogni stagione sbucano dal nulla impartendo lezioni di vita dalla validità pari a quella dell’aria fritta.
Non c’è bisogno che mi metta a spiegare nei minimi particolari cosa è accaduto a Sophia Floersch nel corso della gara di Formula 3. Questo perché come avviene anno dopo anno ogni organo di stampa, che esso sia un giornale sportivo, generalista o addirittura locale inizia ad interessarsi di eventi di cui fino a tre secondi prima non si era nemmeno a conoscenza. Il tutto viene condito da video catturati da ogni angolazione, pure quella della cabina del capitano della barca ormeggiata nel porto di Macao. Questo è seguito da una serie di articoli in cui si iniziano a snocciolare dati su dati, nemmeno si stesse seguendo l’andamento del NASDAQ o del FTSE MiB, in cui si fa conoscere al pubblico delle grandi occasioni chi sia il pilota al centro dell’attenzione.
Per fortuna quest’anno è andato quasi tutto liscio dato che la Floersch è uscita dalla brutta carambola (di cui abbiamo preferito non mostrare le immagini, ndr) cosciente. Purtroppo in altre edizioni è andata nel peggiore dei modi, esempio più recente è quello del 2017 in cui il rider inglese, Daniel Hegarty, ha perso la vita in seguito ad un incidente alla Fishermen’s Bend. Lui come altri 7 piloti hanno dovuto terminare nel modo più tragico la propria carriera sul Guia Circuit di Macao. 8 decessi in 52 gare di moto disputate qui. Altri 3 sono giunti nelle corse a quattro ruote, questa volta in 65 edizioni di questo Gran Premio; in totale 11 piloti. Giusto per snocciolare qualche numero, visto che va tanto di moda.

Dato che le notizie tragiche (o quasi) portano tanti like e visualizzazioni e quindi soldi, allora cani e porci sono pienamente autorizzati a diventare i massimi esperti delle categorie in questione, iniziando a trattare di questi campionati come se lo facessero dall’anno della nascita degli stessi. Questa non è l’unica occasione in cui i più si sono mostrati luminari dell’argomento; ad esempio quando Mick Schumacher ha iniziato a infilare una serie interminabile di vittorie, anche i giornali più lontani dal motorsport hanno iniziato a trattare la Formula 3 parlando esclusivamente del figlio del grande Michael, senza sapere una beneamata m******, sparando nomi a casaccio tanto nessuno avrebbe mai avuto nulla da ridire. L’importante è che si parlasse di Mick.
Visto che queste notizie vengono poi date in pasto alla qualunque, non si può fare a meno di leggere commenti da mani nei capelli, anche per chi i capelli non li ha. Oggi ho avuto occasione di inorridirmi con frasi del tipo:

“Perché non chiudere la pista definitivamente? Dobbiamo aspettare la morte di qualche pilota?”

Lui si che è un chiaro conoscitore del mondo dei motori da competizione, infatti 12 mesi fa è proprio venuto a conoscenza della tragica scomparsa di cui ho fatto menzione precedentemente.

“La gente anziché andare ad aiutare il pilota, tira fuori il cellulare per riprendere. Che schifo!!1!!1!”

D’altronde è risaputo che se il calciatore Caio Sempronio dovesse infortunarsi in un big match a San Siro, tutti gli 80 e passa mila spettatori sulle tribune scenderebbero in campo per soccorrerlo e portarlo al centro medico.

“Quella gente è pazza!! Si può mai guardare una gara in quel punto?” (Riferendosi ai commissari di pista dietro i guardrail e ai fotografi sull’impalcatura a loro adibita, contro cui la Floersch ha impattato)

Devo commentare o fate voi? Io mi rifiuto di scrivere anche ‘A’ in merito a questa idiozia.

Ogni anno devo assistere a questo scempio di cretini per cui non basterebbe nemmeno “prenderne uno per non prenderne novantanove” per farmi diventare la persona più zen del mondo. Secondo loro, quelli appartenenti alla cerchia di amicizie della famosa Casalinga di Voghera, chiudendo il circuito di Macao o comunque fermando le competizioni che si disputano su questo circuito, allora si risolverebbe il problema degli infortuni gravi e/o decessi. Si, come no! Siatene convinti. Poi magari gli stessi sono quelli che prima di un qualsiasi Roma-Lazio scendono in piazza e se le suonano di santa ragione per motivi sconosciuti al genere umano.

Se dovessimo accogliere le richieste di questi puntatori di indici allora dovremmo chiudere qualsiasi stadio in cui un calciatore viene a mancare durante una partita. Il calcio è pericoloso quanto il motorsport, verrebbe da dire. Bandiamo la boxe perché si picchiano e alla lunga rischiano la vita con i danni ad organi interni che si accumulano nel corso della carriera.  Concentrandoci prettamente sull’ambito motoristico se dobbiamo chiudere Macao che vede in media un decesso ogni sei anni circa, allora bisogna sbarrare i cancelli di Monza che ha visto scomparire prematuramente 43 piloti in 96 anni di attività, in pratica uno ogni 2 anni e 3 mesi, oppure Indianapolis che addirittura “vanta” 58 incidenti fatali in 109 anni, in media uno ogni anno e 10 mesi. Se dovessimo considerare queste cretinate rimarrebbero aperti solo i circuiti di Abu Dhabi, Sochi, Baku e Singapore perché nessuno si è mai infortunato o ci ha rimesso le penne.

Digressione a parte, per far capire quanto ridicolo possa essere questo ragionamento da parte di chi farebbe meglio a stare zitto piuttosto che dare aria alla bocca, tutti gli appassionati e meglio ancora i piloti sanno che “Motorsport is dangerous”. Chi prende parte a una corsa come questa, come l’ancora più noto TT Isle Man, che oltre tutto faceva parte del Motomondiale nelle sue prime stagioni, sa i rischi che corre. Così anche chi corre a Monza, Spa, Monaco o qualsiasi altro circuito del mondo è a conoscenza che un secondo prima ci sei e quello dopo potrebbe essere tutto finito. Sono rischi che si corrono e chi lo fa, è spinto dalla passione che ha in quel mestiere. Di certo mai verrà fermato da un branco di idioti che parla a vanvera. Chi non ha le palle quadrate per affrontare certi rischi sta a casa seduto sul divano.

Questa è Macao, un Gran Premio come tutti gli altri, che ogni anno crea scalpore senza motivi validi, dato che questi fatti avvengono ovunque. Mi viene da pensare a Luis Salom, scomparso durante le libere del GP di Catalunya di Moto2, un paio di anni fa. Il circuito è quello di Barcellona, su cui si corrono infinite gare ogni anno. Anche lì ci sono state delle polemiche, ma fondate per altre questioni, anche se i fenomeni da tastiera come al solito sono riusciti a dire la loro anche in quel caso.

Oltretutto, giusto nel caso qualche leone del branco di fenomeni stesse leggendo questo articolo, a Macao non corrono solo degli scappati di casa di cui nessuno sa nulla ad eccezione dei “quattro fan sfegatati” (tra cui mi ci metto pure io e ne sono estremamente orgoglioso) che seguono ogni anno questo spettacolo. Tra i nomi di piloti a caso che sono transitati da qui posso nominare Michael Schumacher, Ayrton Senna, Riccardo Patrese, Juan Pablo Montoya, David Coulthard, Tom Kristensen (9 volte vincitore della 24h di Le Mans, per chi non lo conoscesse), Mika Hakkinen, Alessandro Zanardi e non ultimo Sebastian Vettel. Ah, e tra quelli ancora più pazzi che hanno corso e vinto sulle due ruote ci sono Kevin Schwantz (campione 500cc nel 1993) e Carl Fogarty (4 volte campione Superbike). Proprio gente che non conosce nessuno vero?

Ad alimentare ancora di più il focolare gettando sempre più benzina non possono che esserci i grandi quotidiani sportivi di cui preferisco non fare nome perché non si meritano pubblicità gratuita per il pessimo lavoro fatto in questa occasione. Uno di questi tre quotidiani, nella sua versione online, ha pubblicato il video dell’incidente della Floersch pochi istanti dopo l’accaduto. Meglio dare l’ultima ora ai propri lettori in merito ad un argomento di cui nessuno sa nulla. In seguito è stato tutto condito con una trafila di articoli su chi sia questa giovane pilota 17enne e bla bla bla. Circa due ore dopo (con ben 6 ore di ritardo) arriva la notizia della vittoria del titolo mondiale di Gabriele Tarquini; arrivata dove? A Macao! Stesso luogo, ma è più importante l’incidente di una pilota sconosciuta ai più, che un trionfo mondiale del giovane vecchio Cinghio, che porta a casa il secondo titolo iridato a 56 anni suonati.

Premetto che già è difficile vedere un prodotto (in senso positivo, sia chiaro) italiano vincere a livello mondiale. Negli ultimi anni abbiamo potuto fare affidamento solo a Franco Morbidelli e Francesco Bagnaia che hanno vinto gli ultimi due titoli in Moto2 e ad Antonio Cairoli e Kiara Fontanesi che hanno fatto piazza pulita nelle massime categorie del Motocross maschile e femminile. Di questi quattro orgogli ovviamente quelli che più hanno avuto risalto sono stati i due cavallini della VR46 Academy (non spiego il perché, arrivateci!), senza togliere merito alcuno a ‘Franky’ e ‘Pecco’.

Fatta la premessa e tornando alla questione degli organi di stampa sportivi cartacei, a rincarare la dose nel giorno seguente (lunedì 19 novembre) ci pensano con le loro prime pagine. Su due delle tre maggiori testate si trova un piccolo riferimento alla vittoria di Dovizioso a Valencia, e già questo fa riflettere, e su uno di questi e un altro viene ritagliato uno spazio per l’incidente della Floersch. E Gabriele Tarquini? Lo vogliamo nominare o no? Non c’è traccia del ‘Cinghio’ in nessuna delle tre prime pagine. Perché?

Chiudo facendo i miei complimenti ad Autosprint per la copertina del numero di questa settimana (potete consultarla qui) interamente dedicata all’impresa del nostro Gabriele Tarquini. Oltretutto non hanno nemmeno riportato una parola su quanto accaduto alla pilota tedesca, come fatto da altri.

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