Fastback | GP Australia 1994: il primo sigillo iridato di Michael Schumacher

Il pilota della Benetton, dopo essere finito contro il muro, elimina Damon Hill con un contatto che gli regalerà il primo dei sette titoli mondiali

 “Finalmente è finita!”. Ecco la frase che qualcuno, sicuramente, avrà esternato o anche solo pensato un’affermazione del genere domenica 13 novembre, qualche minuto dopo la fine del Gran Premio d’Australia, ultimo appuntamento in programma del Mondiale 1994. “Finalmente” soprattutto perché stava per terminare uno degli anni più tragici della storia della Formula 1, scossa dalle morti di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna da Silva durante il week-end del Gran Premio di San Marino. F1 traumatizzata a tal punto che la FIA, capeggiata da Max Mosley, dovette avviare una campagna che la rendesse uno sport più sicuro, introducendo già dall’anno seguente importanti regole come i crash-test obbligatori e l’inserimento della cellula di sopravvivenza e delle protezioni laterali, nonché l’utilizzo di materiali migliori. Tuttavia la morte del brasiliano, considerato il miglior pilota della Formula 1 di quei tempi, permise al giovane Michael Schumacher di emergere, di diventare il pilota che, con la Ferrari, avrebbe poi dominato la scena per un lustro intero. All’ultimo Gran Premio, corso ad Adelaide (la prima sede del Gran Premio australiano, dal 1985 al 1995), il tedesco vi arriva con 92 punti in saccoccia e la leadership nel Mondiale Piloti.

Ormai non ha più rivali, tutti annichiliti dalla superiorità messa in mostra dal binomio Schumacher-Benetton durante tutto l’arco della stagione. Tutti tranne uno: Damon Hill, figlio di Graham, ex-spalla di Prost nel 1993 e di Senna nelle prime gare del 1994, ritrovatosi catapultato nell’inedito ruolo per lui di prima guida dopo la morte del caposquadra brasiliano. Un po’ come era successo al padre che, nel 1968, era diventato prima guida del Team Lotus in seguito alla scomparsa di Jim Clark il 7 aprile durante una gara di Formula 2. Hill ha 91 punti, uno in meno di Schumacher, ma ha potuto contare lungo la stagione sulle quattro gare perse dal rivale tedesco per squalifiche o esclusioni in seguito a comportamenti non tanto corretti o a irregolarità della propria Benetton B194. Quattro gare dove Damon ottiene quattro vittorie (inclusa la vittoria di Spa tolta a Schumacher per l’eccessiva usura del fondo della sua monoposto). Il Gran Premio australiano torna così a rivestire un ruolo importante nell’economia del Mondiale dove, come era successo solo nel 1986, si decideranno le sorti del campionato Piloti e, per la prima e unica volta, anche quelle relative al campionato Costruttori, visto che tra Williams prima e Benetton seconda ci sono appena cinque punti a vantaggio del team di sir Frank: 108 a 103.
In qualifica Schumacher si comporta meglio di Hill: il tedesco ferma il cronometro sull’1’16’’197, l’inglese invece ottiene un 1’16’’830. La pole position tuttavia non va a nessuno dei due, ma alla Williams numero 2, quella che fino a Imola era stata di Senna, ora pilotata dal rientrante Nigel Mansell, chiamato dalla Williams ad alternarsi alla guida col collaudatore del team David Coulthard durante l’arco di stagione successivo alla morte del tre volte campione del Mondo. Prima di questa corsa Mansell aveva gareggiato solo in Francia, il 3 luglio, e nelle due gare precedenti l’appuntamento australiano, ovvero nei Gran Premi d’Europa (a Jerez) e Giappone (a Suzuka), ottenendo in totale appena tre punti grazie al quarto posto conquistato nella corsa nipponica.

Al via Schumacher e Hill, concentrati come non mai, sono più lesti del vecchio Nigel e alla prima curva sono già primo e secondo, col pilota Benetton a comandare le danze. Qualche curva dopo altro errore per il poleman che da terzo retrocede a quinto, sorpassato nell’ordine da Mika Hakkinen su McLaren e da Rubens Barrichello su Jordan, rispettivamente quarto e quinto sulla griglia di partenza. Completa la zona punti Alesi (il francese era scattato dall’ottava piazzola). Brutta partenza per Herbert, alla guida della seconda Benetton (il terzo pilota a correrci, dopo JJ Letho e Jos Verstappen), che da settimo passa a nono. Berger, sulla seconda Ferrari, non riesce a guadagnare nessuna posizione, rimanendo undicesimo. Mentre i due contendenti al titolo cominciano subito a spingere, staccandosi sensibilmente dal resto del gruppo capeggiato da Hakkinen, si cominciano a registrare i primi ritiri: Herbert già al terzo giro accusa dei problemi che lo costringono ai box, dai quali riparte quindicesimo.

Dieci giri dopo, mentre è quattordicesimo, è costretto al ritiro per un problema al cambio, costringendo la Benetton a puntare sul solo Schumacher per l’ennesima volta in stagione, e rendendo più complicato per il team italo-inglese il raggiungimento della vittoria dell’iride riservata ai Costruttori, che vede, come già detto, la Benetton attardata di cinque punti rispetto alla Williams. Due giri dopo anche Irvine, partito in terza fila, è costretto al ritiro a causa di un testacoda mentre è settimo. La gara è ormai divisa in due: la prima corsa, quella più importante, vede i due rivali per il titolo indisturbati in prima e seconda posizione, con Hill che comincia a farsi sempre più pericoloso, non permettendo a Schumacher di guadagnare quei pochi metri che possano dare al leader della gara e della classifica iridata una certa sicurezza e anzi avvicinandosi inesorabilmente alla macchina blu del pilota di Kerpen. L’altra gara, quella meno importante, è altrettanto combattuta, soprattutto per l’accesso al podio: al giro 18 Mansell, dopo essersi sbarazzato di Barrichello tre tornate prima, tenta il sorpasso su Mika Hakkinen, ma il finlandese non demorde e mantiene la sua terza posizione per altri due giri fino a quando, per colpa di un piccolo errore, è costretto a cedere la sua posizione al 41enne della Williams.

Per una quindicina di giri la gara prosegue tranquilla: Schumacher e Hill continuano a fare un altro mestiere, col tedesco sempre in testa, anche dopo la sosta ai box, e il britannico a braccarlo. Anche più indietro, a parte le soste ai box e il ritiro di piloti solo comprimari, non si hanno eventi degni di nota. Poi, al 35° giro, il momento clou del Gran Premio e dell’intera lotta per la vittoria nel Mondiale: Schumacher commette un errore e va a colpire il muretto esterno della curva East Terrance. L’urto non gli impedisce di rientrare in pista, ma ormai è a portata di Hill. Il britannico prova il sorpasso della vita alla curva successiva, distante pochi metri, buttandosi all’interno. Schumacher se ne accorge e per non perdere la posizione lo stringe provocando tra i due un contatto. Il tedesco dopo questo gesto va a sbattere contro le pile di gomme all’esterno della curva. Hill invece rimane in pista, ma la sospensione anteriore sinistra della sua monoposto risulta danneggiata.

Il pilota Williams rientra ai box sperando che i meccanici possano risolvere il danno, ma la sua speranza è vana. Come Schumacher anche Hill è costretto ad abbandonare la corsa mentre Mansell prende il comando. Le sorti del Mondiale 1994 si sono decise: Schumacher si laurea campione del Mondo Piloti per la prima volta, mentre la Williams ottiene la vittoria del Mondiale Costruttori, visto che entrambe le Benetton sono fuori gara. Questo fa sì che la Williams, qualunque sia la posizione finale di Mansell, si aggiudichi il titolo riservato ai Costruttori per la settima volta nella sua storia, raggiungendo la McLaren e portandosi ad una sola lunghezza dalla Ferrari, team più vincente con otto titoli Costruttori in bacheca. Questo atto estremo di Schumacher porterà ad una accesa rivalità tra lui e Damon Hill che, nelle stagioni in cui la loro competizione sarà più infiammata, si trasformerà addirittura in odio.

Tornando a parlare del Gran Premio va detto che questo, una volta usciti di scena i due contendenti per la vittoria del Mondiale, vive soprattutto della lotta per la vittoria tra i due ex-compagni di squadra nel 1989 Nigel Mansell e Gerhard Berger: il pilota Williams, in testa alla corsa, rientra ai box al 53° giro, imitato due tornate dopo dall’austriaco che, forte del vantaggio accumulato nei due giri trascorsi in testa, riesce a ripartire e a tornare in pista prima che Mansell possa sorpassarlo, conservando la prima posizione. Sei giri prima della sosta di Berger va annotato un momento quasi drammatico: al giro 49 Mika Salo, sulla Lotus numero 11, è costretto ad abbandonare la corsa per un problema di natura elettrica. Il compagno, Alessandro Zanardi, era stato pure lui costretto al ritiro nove giri prima, al 40°, a causa di un guasto all’acceleratore. Per la Lotus questa è l’ultima apparizione in Formula 1: il team, indebitato fino al collo, viene venduto a David Hunt, fratello del compianto James, ma non si presenterà al via della stagione 1995 ritirandosi dalla competizione dopo 37 anni, molti dei quali passati a vincere e a stupire il Mondo intero delle quattro ruote con trovate geniali.

Al giro 63 Berger, sotto pressione già da diversi giri a causa della continua difesa attuata per respingere gli assalti di Mansell, commette un errore, dando l’opportunità al pilota inglese di riprendere il comando della gara perso una decina di giri prima. Il podio ormai è deciso, visto che dietro a Mansell e Berger c’è Brundle, sulla seconda McLaren, che è riuscito a rubare il piazzamento sul podio al compagno di squadra, costretto al 62° giro ad effettuare uno Stop & Go di dieci secondi. L’ultima emozione della gara è regalata dallo stesso Hakkinen alla 76° tornata, quando, mentre si trova in quarta posizione, perde l’uso dei freni, scarta verso sinistra e sbatte contro le protezioni lungo il circuito. Fortunatamente il pilota esce incolume dalla sua monoposto, ma è chiaramente costretto ad abbandonare la competizione. Come detto, l’incidente di Hakkinen è l’ultima forte emozione del Gran Premio: Mansell taglia il traguardo in prima posizione, precedendo di appena due secondi e mezzo Berger, giunto secondo, mentre Brundle è a oltre cinquanta secondi di svantaggio. Completano la zona punti Barrichello (anche lui costretto, come Hakkinen, ad effettuare uno Stop & Go), Panis su Ligier e Alesi sulla Ferrari numero 27.

Con questo appuntamento si chiude un’era della Formula 1, quella caratterizzata dagli appassionanti duelli tra Senna, Prost, Mansell e Piquet, e se ne apre un’altra, quella dominata dal neo-campione del Mondo, Michael Schumacher.

CLASSIFICA FINALE GP AUSTRALIA 1994

Pos#PilotaCostruttore Tempo/Ritiro  
12
Regno Unito
 Nigel Mansell
Williams-Renault 1:47:51.480  
228
Austria
 Gerhard Berger
Ferrari +2.511  
38
Regno Unito
 Martin Brundle
McLaren-Peugeot +52.487  
414
Brasile
 Rubens Barrichello
Jordan-Hart +1:10.530  
526
Francia
 Olivier Panis
Ligier-Renault +1 Giro  
627
Francia
 Jean Alesi
Ferrari +1 Giro  
730
Germania
 Heinz-Harald Frentzen
Sauber-Mercedes +1 Giro  
89
Brasile
 Christian Fittipaldi
Footwork-Ford +1 Giro  
923
Italia
 Pierluigi Martini
Minardi-Ford +2 Giri  
1029
Finlandia
 JJ Letho
Sauber-Mercedes +2 Giri  
1125
Francia
 Franck Lagorce
Ligier-Renault +2 Giri  
127
Finlandia
 Mika Häkkinen
McLaren-Peugeot Incidente  
Ret24
Italia
 Michele Alboreto
Minardi-Ford Sospensioni  
Ret4
Regno Unito
 Mark Blundell
Tyrrell-Yamaha Incidente  
Ret20
Svizzera
 Jean-Denis Délétraz
Larrousse-Ford Cambio  
Ret11
Finlandia
 Mika Salo
Lotus-Mugen-Honda Problema elettrico  
Ret31
Australia
 David Brabham
Simtek-Ford Motore  
Ret12
Italia
 Alessandro Zanardi
Lotus-Mugen-Honda Acceleratore  
Ret0
Regno Unito
 Damon Hill
Williams-Renault Incidente  
Ret5
Germania
 Michael Schumacher
Benetton-Ford Incidente  
Ret32
Italia
 Domenico Schiattarella
Simtek-Ford Cambio  
Ret3
Giappone
 Ukyo Katayama
Tyrrell-Yamaha Testacoda  
Ret19
Giappone
 Hideki Noda
Larrousse-Ford Perdita olio  
Ret10
Italia
 Gianni Morbidelli
Footwork-Ford Perdita olio  
Ret15
Regno Unito
 Eddie Irvine
Jordan-Hart Testacoda  
Ret6
Regno Unito
 Johnny Herbert
Benetton-Ford Cambio  
DNQ34
Belgio
 Bertrand Gachot
Pacific-Ilmor    
DNQ33
Francia
 Paul Belmondo
Pacific-Ilmor    
Immagine in evidenza: © Nine Network 1994 / F1 YouTube Channel

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