Un protocollo mondiale applicato dolorosamente bene

Inutile fantasticare o recriminare su quello che sarebbe stato il campionato "se..." quando la realtà è un'altra ed uguale per tutti.

Tra le poche certezze della vita c’è la polemica di fine stagione, quella in cui si parla di mondiale falsato, rubato o immeritato per un episodio in particolare che è costato la vittoria ad un pilota.

Anche quest’anno si potrebbe recriminare su fatti o decisioni più o meno giuste, concentrandoci solo su quei momenti specifici e non tutto ciò che è accaduto nel corso delle 15 gare che il Motomondiale ci ha regalato.

L’amarezza per episodi successi fuori dalla pista che hanno reso meno regolare un campionato già anomalo a causa del covid è forte, ma non possiamo prendercela con i protocolli che hanno reso possibile lo svolgimento di una stagione straordinaria, sviluppatasi proprio grazie ad essi. I protocolli sono stati applicati nello stesso modo per tutti i piloti e le quasi 10.000 persone che hanno lavorato per disputare questa stagione (anche se, ad essere onesti, ci sarebbe il caso Viñales a Valencia abbastanza dubbio).

E qua si arriva al punto di questa riflessione: parlare di un mondiale Moto3 falsato, che è già stato “falsato” per l’emergenza sanitaria, è ridicolo. Certo, fa rabbia, ma si tratta di un campionato che è stato svolto in maniera “regolarmente straordinaria”, con i fatti di Aragon 1 che non sono dipesi dal favoritismo dell’organizzatore spagnolo cattivo (una teoria complottistica classica che adoro leggere ogni volta), ma da un protocollo che è stato creato per dare la possibilità di far disputare questa stagione con la massima sicurezza ad ogni persona presente in pista.

Mi dispiace un sacco per Arbolino che è arrivato 2° a pochi punti dal titolo ma, così come lui, anche Lecuona è stato “vittima” di quel protocollo, ma anche un Mir o un Roberts potevano finire nella stessa situazione. Dire adesso che “Tony poteva correre quel gran premio” è facile, sappiamo che non è mai diventato positivo, ma in quel momento nessuno poteva sapere se il risultato sarebbe stato sempre negativo. Una scelta severa che può sembrare ingiusta, però totalmente in linea con il protocollo.

Con i se e i ma non si va da nessuna parte, potremmo riscrivere interi palmarès in questo modo. Si sta poi dando per scontato uno scenario in cui Arbolino avrebbe fatto bene con i se e i ma usati nel modo più comodo possibile, ma non sappiamo ad esempio se Tony avrebbe vinto la gara o se sarebbe caduto trasformando le ossa del suo braccio in un set LEGO.

Il motorsport si basa sempre su una successione di eventi, non bisogna appoggiarsi a cose che ci fanno più comode per cambiare il corso della storia e arrabbiarsi sul nulla.

Jan Santarius – SVKR

Immagine in evidenza: © Snipers Team / Twitter

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